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Takoua Ben Mohamed
È possibile scoprire se stessi attraverso il fumetto e attraverso il proprio percorso lavorativo? In questo episodio, Takoua Ben Mohamed e io abbiamo parlato di come il disegno abbia impattato sulla sua vita, abbiamo parlato di soldi e di quanto sia importante smantellare il tabù della retribuzione. Di portare il velo e di crescere con dei genitori attivisti, di caffè, di teletrasporto, cibo indiano e di momenti di confusione e di come possano essere utili per conquistare il proprio spazio.
Buon Ascolto
(^_^)
“Il fumetto lo faccio più per me stessa che per gli altri. Lo faccio per capire me stessa, capire chi sono, capire il mondo che sto raccontando e che voglio raccontare, poi più che altro condividerlo con il pubblico. Perché io, in primis voglio capire, capire per poter condividere. Quindi è questa una forma di egoismo in quanto autrice.”
— Takoua Ben Mohamed
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Takoua Ben Mohamed
Takoua Ben Mohamed, classe 1991, nasce in Tunisia e si trasferisce a Roma all’età di otto anni nel 1999.
Specializzata in accademia di cinema d’animazione Nemo Academy of digital arts di Firenze e socia-fondatrice della produzione cinematografica BM Entertainment Ltd.
Attenta a tematiche politiche e sociali, tra integrazione e multicultura, è autrice del catalogo “Woman story” e dei libri a fumetti: “Sotto il velo” (2016), “La Rivoluzione dei Gelsomini” (2018), “Un’altra via per la Cambogia” (2020) e “Il mio migliore amico è fascista” (2021). Produttrice del Docufilm “Hejab style” per Al-Jazeera documentary channel. Collabora con diversi magazine come Piccolo Missionario, Rivista confronti, 7 corriere, Fortune Italia, Secolo XIX, Il Cinematografo, La Stampa Origami, grazie alle quali ha ricevuto molti riconoscimenti: Evens European Journalism Prize 2019, Moneygram award 2016, Riconoscimento giornalistico “premio prato città aperta” 2016, Muslim International Book Award 2017, Premio “tirafuorilalingua” 2018, FIDAPA (Federazione italiana arti professioni affari) award 2019.
Infine è stata nominata donna dell’anno per D – la Repubblica delle donne 2021 e il suo nome compare tra le 100 donne dell’anno per F magazine.
Ph: Mouadh Ben Mohamed
LIBRI
LA RIVOLUZIONE DEI GELSOMINI - BECCO GIALLO
IL MIO MIGLIORE AMICO E' FASCISTA - RIZZOLI
CRESCERE IN MOZAMBICO - BECCO GIALLO
NON STUZZICATE LA MUSULMANA! - BECCO GIALLO
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Takoua Ben Mohamed: «Non sono (solo) il velo che indosso»
Takoua Ben Mohamed è la fumettista che lotta contro gli stereotipi razziali
La donna dell’anno di D. Takoua Ben Mohamed: “Voglio vincere il Nobel con una graphic novel”
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“Il fumetto lo faccio più per me stessa che per gli altri. Lo faccio per capire me stessa, capire chi sono, capire il mondo che sto raccontando e che voglio raccontare, poi più che altro condividerlo con il pubblico. Perché io, in primis voglio capire, capire per poter condividere. Quindi è questa una forma di egoismo in quanto autrice.”
Benvenuti a nuovo episodio del podcast “Le Faville” la serie dedicata a quel momento preciso in cui sentiamo che tutto sta per cambiare. La favilla è quella cosa che a un certo punto sboccia, salta, nasce e ci spinge a cambiare, creare, distruggere, ricostruire e ripensare ogni cosa. In questo spazio voglio celebrare le faville di persone molto diverse tra loro. Farmi raccontare come le hanno ascoltate e in quale luogo si sono fatte portare attraverso conversazioni organiche e libere.
Ciao a tutte, tutti e tutt*
Siamo arrivati al termine della prima stagione delle Faville e sono super felice di chiudere in bellezza con un’ospite straordinaria, Takoua Ben Mohamed.Prima di iniziare volevo ringraziarvi per avermi accompagnata in questa esperienza incredibile e vorrei ringraziare anche tutte le mie ospiti che mi hanno regalato il loro tempo e le loro storie.
Se non lo avete già fatto vi invito a mettere 5 stelline a questo podcast.
Il vostro feedback è molto importante!In questo episodio Takoua Ben Mohammend, autrice, fumettista, illustratrice, produttrice cinematografica e graphic journalist ci racconta in che modo ha imparato a conoscere sé stessa attraverso il disegno e il suo percorso lavorativo.
Takoua da sempre si occupa di temi politici e sociali e a soli quattordici anni da vita al progetto online Fumetto Intercultura.
Il suo curriculum è lunghissimo, tra TEDx, libri a fumetto come "Sotto il velo", “La Rivoluzione dei Gelsomini”, "Un'altra via per la Cambogia" e “Il mio migliore amico è fascista”, solo per citarne alcuni!
Tra l’atro è appena uscito il suo ultimo libro “Crescere in Mozambico” edito Becco Giallo. Frutto di un viaggio di Takoua in una terra stupenda e martoriata dal colonialismo.
Un documentario realizzato per Al-Jazeera Documentary Channel, collaborazioni con magazines e potrei davvero fare 30 minuti di episodio solo di elenchi.
Il personaggino di Takoua da anni viaggia tra le strade di Roma ed altri paesi del mondo e racconta ciò che vede e cosa vive con un’ironia mischiata a grande sensibilità riempendo pagine e strisce di racconti della realtà interculturale e transculturale che vive e osserva ogni giorno.
Insieme abbiamo parlato di sperimentare e scoprire sé stessi, di portare il velo, di soldi e di quanto sia ora di smantellare il fatto che la retribuzione sia un argomento tabù. Dell’importanza del caffè, di teletrasporto e di cibo indiano, di momenti di confusione e di conquistarsi il proprio spazio.
Buon Ascolto!
Manuela: Ciao Takoua, grazie mille per essere qui alle Le Faville! È davvero un onore!
Takoua: Anche per me, grazie.
Manuela: Io inizierei chiedendoti giornalismo e fumetto, cosa significano per te?Takoua: Giornalismo e fumetto, oddio, sembrano cose completamente distanti una dall’altra ma per me sono un'unica cosa. Comunque anche nel giornalismo c'è il giornalismo per immagini, c'è chi usa la fotografia, chi usa il video e chi usa il fumetto.
Per me sono un'unica cosa e mi permette anche di fare giornalismo, che è una delle mie più grandi passioni, tramite l'immagine da me disegnata che è un'altra mia grande passione e raccontare il mondo e le tematiche che mi stanno a cuore.
Dal mio punto di vista e da come li vedo io con i miei occhi più che altro, questo per me è il fumetto-giornalismo, cioè il graphic journalism.
Manuela: Non ci sono molte donne nel campo del graphic journalism, secondo te come mai?
Takoua: Secondo me perché il fumetto nasce come un qualcosa fatto da uomini a esprimere anche la fantasia maschile. Proprio all'inizio del mondo del fumetto i supereroi erano quasi tutti uomini. Le supereroine donne erano sempre vestite un po’ trasgressive, tra virgolette trasgressive, proprio per esprimere un pochettino quella che è la fantasia maschile di supereroina donna, ecco.
E poi con il tempo sono entrate a far parte del mondo degli autori di fumetto anche donne disegnatrici, donne autrici, scrittrici che però non venivano prese sul serio, secondo me, o veniva chiesto comunque di parlare figure femminili o su questioni femminili.
Soprattutto nel mondo del graphic journalism, appunto, i primi graphic journalist sono quasi tutti giornalisti, disegnatori o fumettisti uomini.
I libri che ci sono stati fino ad adesso per la stragrande maggioranza sono autrici donne che parlano di cose di donne. Quindi una donna autrice, disegnatrice, quando parla di conflitti, di politica tramite il fumetto non era presa sul serio o comunque con una certa credibilità. Però, negli ultimi anni, le donne prendono il loro spazio con la forza e acquisiscono la credibilità che si meritano.
Anche loro raccontando il mondo, non solo le questioni femminili, dal punto di vista di un'autrice fumettista donna.
Manuela: Una volta hai detto “dalla confusione nascono le idee migliori.” Mi racconteresti una delle tue idee più significative nate da un momento di confusione?
Takoua: Eh, bella domanda. Sembra facile ma realtà è abbastanza complicata.
Tutto il mio lavoro è nato da un momento di confusione, perché comunque quando ero piccola durante l'età dell'adolescenza fai cose, sai che sei appassionato di certe cose, ma non sai che può essere un vero e proprio lavoro.Soprattutto un sogno che è quello dell'arte o del disegno, anche ai miei tempi, ma tutt'oggi, da sempre è stato banalizzato. Nel senso che quando gli adulti mi chiedevano, “cosa vuoi fare da grande?” e io rispondevo “voglio fare fumetti!” ti dicevano “ma cosa ci fai con il fumetto? Ma è una roba per bambini, non potrai sopravvivere con il fumetto a livello economico”, “non è un vero lavoro, piuttosto vai a fare certi studi per avere un posto sicuro, eccetera eccetera.”
In realtà io ci ho pure provato, perché ho fatto il chimico biologico, continuando a fare comunque fumetto, perché era una mia passione. Avevo anche iniziato a lavorarci su come una professione, ma volevo comunque un piano B, semmai le cose potessero andare male. Ho studiato chimico biologico per diventare un giorno infermiera e poi ho abbandonato quella cosa, ho capito che non era per me, ho provato altre cose e ho capito che non erano per me.
Quando sono andata in Accademia del Cinema, io ho studiato cinema, però per mantenere i miei studi che sono stati abbastanza costosi.
Le accademie di cinema, sfortunatamente, sono tutte private e costano molto, e non c'era nessuno che mi poteva pagare gli studi. Vengo da una famiglia umile che sopravvive giorno per giorno; quindi, ho lavori per studiare o lavori per sopravvivere.
Quindi mi dovevo cercare un lavoro che permettesse di finanziare i miei studi, ma cercavo qualsiasi tipo di lavoro, anche lavapiatti, pulizie qualsiasi tipo di lavoro che mi permetteva da una parte di guadagnare soldi e pagarmi gli studi, e di trovare anche il tempo di studiare, ma nessuno mi aveva preso a fare anche questi tipi di lavori qua.
Per il velo, perché ho un nome strano, perché sono di seconda generazione e tante altre motivazioni, categorizzazioni che spesso la società ti impone.Quindi in realtà da questo momento di confusione, che da una parte vuoi fare mille cose dall'altra parte capisci che quelle mille cose non fanno per te, le categorizzazioni della società e i suoi pregiudizi, eccetera eccetera hanno portato…io vedo il lato positivo in tutto questo, mi hanno portato a concentrarmi sul mio sogno.
Quindi ho detto “Ok, nessuno che mi prende a lavorare allora inizio a guadagnare seriamente dai fumetti per poter finanziare i miei studi” e lì ho iniziato a prendere il mio spazio con la forza del mondo del fumetto.
Iniziando a propormi per magazines, web magazines e iniziando a pubblicare anche sui social.
E così, mi sono conquistata il mio spazio. Il momento di confusione, il momento anche di insicurezza e di debolezza, che tu pensi di non essere all'altezza perché una volta che vieni rifiutata anche da lavori più umili pensi di non essere all'altezza addirittura di fare quei tipi di lavori la, figuriamoci fare altri tipi di lavori, magari che sono molto più impegnativi, in un certo senso.
Quindi da questo momento di confusione ho capito che io sono fatta per fare questo.
Mi sono creata il mio spazio personale.
Manuela: È molto bello. È un'arte saper trarre da cose negative degli insegnamenti a proprio vantaggio, no?
Takoua: È vero.
Ci sono stati tanti momenti di fallimenti, ero addirittura anche caduta in una certa depressione, ma non mi pento di ogni secondo che ho passato. Non mi pento di nessuna scelta che ho fatto.
Manuela: Ti cito un'altra volta, hai detto “il disegno è una lingua universale.” Hai iniziato a pubblicare in italiano, ma ora il tuo lavoro è visto ed apprezzato anche fuori dall'Italia. Come è percepito il tuo lavoro all'estero e quali sono i tuoi progetti a riguardo?
Takoua: Il fumetto è un linguaggio universale e questo l'ho capito quando io stessa sono arrivata in Italia all'età di otto anni. A metà agosto del 1999 sono arrivata in Italia, con tutta una storia familiare molto complessa alle spalle, attivisti sotto una dittatura. Cioè i miei genitori lo erano; quindi, eravamo anche rifugiati politici eccetera, eccetera, quindi siamo stati costretti a venire qui.
Un mese dopo, dovevo iniziare a fare la terza elementare, in un paesino in periferia romana e non sapevo parlare una virgola, non sapevo neanche l'alfabeto latino perché appunto il francese si studia dalla terza elementare in poi in Tunisia; quindi, ero l'unica in famiglia che non sapeva leggere e scrivere l'alfabeto latino. Il disegno per me è stato una vera e propria salvezza, è stato il mio primo mezzo di comunicazione da sempre, nei momenti in cui non sapevo parlare altre lingue, usavo il disegno.
E adesso, vedere che il mio lavoro tramite il disegno, il fumetto anche se scritto in lingua italiana, è molto apprezzato all'estero. Alcuni dei miei libri sono stati anche tradotti in edizione limitata, le facoltà di letteratura italiane in giro per il mondo e in varie università dagli Stati Uniti all'Indonesia lo leggono molto volentieri e lo usano come mezzo anche per imparare la lingua italiana. Questa cosa l’ho apprezzata veramente tantissimo perché appunto per me è stato così all'inizio.
Manuela: Che meraviglia!
Takoua: È una cosa che mi ha fatto veramente piacere. Tra l'altro una cosa strana…appunto, essendo scritto in italiano, pubblicato in prima edizione in italiano, da case editrici italianissime in Italia, viene comunque considerata come letteratura migrante. Perché appunto ancora (lo dico veramente a malincuore) in Italia non si concepisce che lo scrittore, che sia di origine straniera o di background migratorio, figlio di migranti, eccetera, che scrive in italiano e pensa in italiano non può essere considerata letteratura italiana perché il nome stesso dell'autore non è italiano.
Invece all'estero viene studiato nelle facoltà di letteratura italiana, quindi considerato letteratura italiana.
Questa cosa è molto curiosa, perché rispecchia un po’ anche come il mondo vede me personalmente, in Italia non sono italiana, all'estero sono italiana.
È molto curioso, ed è molto bello perché mettersi a confronto con il mondo, non solo nella società in cui sei cresciuta o a cui appartieni in origine, cioè la Tunisia e l'Italia, andando fuori nel resto del mondo, che sia il mondo arabo negli Stati Uniti o in Inghilterra o in Asia, eccetera metti a confronto realmente la tua identità.
Effettivamente come ti vede del mondo, come vede il tuo lavoro.
Tramite il fumetto io ho capito tante cose della mia identità, per questo dico sempre che in realtà, confesso un certo egoismo nel mio modo di lavorare, perché il fumetto lo faccio più per me stessa che per gli altri.
Lo faccio per capire me stessa, capire chi sono, capire il mondo che sto raccontando e che voglio raccontare, non per forza me stessa e la mia identità, poi più che altro condividerle con il pubblico.
Perché io in primis voglio capire, capire, per poter condividere.
Quindi questa è una forma strana di egoismo in quanto in quanto autrice.
Manuela: Beh, sarebbe meraviglioso se tutto il mondo fosse egoista così, saremmo in un mondo decisamente migliore! Alla fine, penso che non ci sia niente di più bello e di più reale che scoprire se stessi attraverso il mondo, per poter restituire la fuori ciò che si è imparato.
Takoua: È vero!
Manuela: Qual è stata fino ad oggi la tua più grande favilla?
Takoua: Sembra brutto da dire, ma per me il lockdown è stato necessario, perché appunto mi sono fermata, ricaricata e ho fatto piazza pulita di tutto quanto e ho ricominciato praticamente il mio lavoro senza mettere da parte quello che ho fatto negli anni prima tra i vari libri, progetti su cui ho lavorato, comunque mi sono costruita delle basi su cui fondare una carriera.
Perché, prima del lockdown viaggiavo veramente tantissimo, lavoravo tantissimo, però non ero per niente appagata dal mio lavoro. È vero, ho raggiunto veramente tanti, ma tanti risultati però non mi sentivo per niente appagata dei risultati che raggiungevo, perché comunque non mi permettevano di vivere anche la mia vita personale.
I sacrifici erano molto più dei risultati e questa cosa mi opprimeva, mi opprimeva tantissimo.
Ero molto soddisfatta, per carità, però mi opprimeva.
Quindi il lockdown è stato per me necessario perché mi sono fermata fisicamente e mentalmente e ho messo da parte, stoppato per un periodo i progetti su cui lavoravo e ho iniziato a riflettere con me stessa.
Ma io cosa voglio veramente dal mio lavoro?
Cosa voglio dalla mia vita personale, che non avevo più a un certo punto della mia vita. Dovevo bilanciare tra lavoro e vita, migliorare anche il mio lavoro, il mio metodo di lavoro e ho acquisito anche delle competenze che non avevo prima, proprio perché mi sono fermata, mi sono concentrata su cambio questo, questo e quest'altro.
Dedico questo tempo al lavoro e dedico questo tempo alla mia vita personale, perché se io non sono tranquilla mentalmente faccio anche il mio lavoro male e devo ammettere che in questi ultimi due anni quasi tutto è cambiato, veramente quasi tutto.
Mi sento fisicamente cambiata, mentalmente cambiata ed è stato necessario.
Ho iniziato anche a lavorare su delle cose acquisendo appunto certe competenze su dei progetti che prima non immaginavo di fare, per esempio, ho studiato all'Accademia di Cinema d'animazione e volevo lavorare su progetti di animazione, però non potevo, non ne avevo mai la possibilità e i miei clienti non sapevo neanche che riesco a fare animazione perché, appunto, ero sempre vista “Takoua quella dei fumetti” che non aveva altre competenze.
Sono uscita da quella visione che avevano le persone, il pubblico e i miei clienti di me, che so fare solamente i fumetti di un certo tipo e ho messo in piazza tutto quanto: “Io so fare questo, questo e quest'altro e voi dovete saperlo.”
Infatti, il mio lavoro è completamente cambiato.
Ho lavorato su campagne sia europee che su riviste, campagne pubblicitarie, campagne informative e altre tipologie di lavoro. Questo per me è stato necessario.
Manuela: Avere l'opportunità di poter stoppare la moltitudine di cose che facciamo e poterci guardare da lontano, a volte è proprio quello che ci serve.
Fermarci, appunto, per capire meglio dove stiamo andando e se lo stiamo facendo davvero nel modo giusto.
Questa sosta forzata ovviamente è stata utile.
Takoua: Posso dirti anche questo, che prima lavoravo veramente tantissimo, non posso dire il triplo probabilmente, però una cosa molto importante e non da sottovalutare, il mio non sentirmi appagata e che non arrivavo a fine mese, cioè per il lavoro che faccio e il tempo che ci mettevo, e per la fatica mentale e fisicha che ci mettevo, non mi rientrava un riscontro economico che mi permetteva di dire “Ok, posso fermarmi un attimo”, capito?
Quindi dovevo lavorare, lavorare, invece ho capito che io ho sbagliavo.
Quel mio fermarmi mi ha fatto riflettere su “Ok, per questa tipologia di lavoro, quanto posso chiedere, posso chiedere quello che mi spetta realmente a livello economico”, capito?
E questa parte economica, veramente influenza tante, tante, tante cose della vita e della carriera di una persona.
Manuela: Certo, assolutamente.
Takoua: Io non mi vergogno a parlarne, assolutamente!
Tantissimi altri, per esempio, si vergognano di parlare di questo lato però non condividere queste informazioni, probabilmente altre persone che vogliono intraprendere un certo tipo di percorso, è necessario capire soprattutto queste cose.
Manuela: Non potrei essere più d'accordo con te, guarda! Perché parlare di soldi, di retribuzione in maniera serena con le altre persone, con le nostre colleghe e colleghi è molto importante. È considerata nella nostra cultura, ma in tante culture, una cosa sporca, poco elegante, quando invece non è vero, perché se non ne parli mai, non sai mai cosa succede agli altri. Non puoi confrontarti ed è facile anche scoprire troppo tardi che magari ti spettava ricevere un compenso molto più alto. Non puoi muoverti liberamente.
La retribuzione è fondamentale perché i soldi sono uno strumento come un altro per vivere la vita, sopravvivere e fare progetti. Parlare di soldi è una cosa che cerco di fare sempre di più anche io, soprattutto nel mio circolo di amiche perché penso che di soldi si parli meno soprattutto tra donne, e sarebbe bello se si facesse sempre di più.
Takoua: È vero. Una delle domande che mi fanno molto spesso, quando vado, soprattutto nei licei artistici o grafici. Una delle domande che spunta fuori molto spesso è “ne vale la pena a livello economico?”.
Mi fanno veramente ritornare ai tempi di quando gli adulti mi dicevano “ma che lo fai a fare? Ma non è un vero lavoro”.
Invece è un vero lavoro perché siamo noi stessi a decidere quanto meritiamo di essere retribuiti per il lavoro che stiamo facendo.
Quindi sì, io gli rispondo sempre sinceramente, perché sono ragazzi e ragazze che stanno crescendo e stanno facendo delle scelte nella loro vita. Le scelte che facciamo durante l'adolescenza sono quelle che ci segnano un po’ per il resto nostra vita, più o meno. Ecco, quindi, si! Parlare di soldi è necessario veramente tanto.
Perché si esce fuori anche dal pensiero comune che (per carità, senza togliere niente a queste professioni, perché c’è chi lo fa veramente per passione e lo stimo per questo) fare l'avvocato ti dà un posto sicuro, fare il medico perché ti dà un posto sicuro, fare l'ingegnere perché…non è vero, non esistono posti sicuri.
Anche in queste professioni bisogna essere creativi, in qualsiasi settore lavorativo, a guadagnarsi il proprio posto, il proprio spazio, perché la concorrenza c'è ovunque!
Manuela: Assolutamente!
Takoua: A volte, un'artista guadagna molto più di un medico di un avvocato. Se vogliamo proprio parlare di soldi.
Manuela: Nei primi libri, tu e la tua storia siete i protagonisti, mentre negli ultimi invece, sei più spettatrice, narratrice. Che cosa ha ispirato questo cambio?
Takoua: No, non c'è stato un cambio. C'è stata solamente una visione diversa del lavoro che sto facendo.
Sia i primi due libri che l'ultimo libro raccontano più di me, della mia adolescenza, ma sempre prendendo quel lato della mia vita che abbia un tema comune e sociale che riguarda un po’ molti adolescenti e molte persone che vivono, hanno vissuto o vengono categorizzati come sono stata categorizzata io da tutta la vita. Mi ha portato proprio la mia passione per i diritti umani, per il giornalismo a fare giornalismo grafico; quindi, è lo stesso personaggino che c'è negli altri libri, ma assume i panni di reporter.
Anche quello è un aspetto della mia vita.
I reportages di solito li faccio per le riviste, però gli editori all'inizio non ti prendono seriamente…non è che non ti prendono seriamente è che per loro era necessario che io parlassi prima di me stessa per poter parlare anche di altri, in modo che il pubblico ti conosca. L'hanno messo su questa posizione qui.
Io ci sono stata a questo compromesso: racconto me stessa per raccontare anche altre situazioni. Però racconto me stessa, non tutta me stessa, come gli editori magari pretendono o il pubblico pretende. A quel compromesso non ci sto perché c'è sempre un lato di me, un pezzo della mia storia che voglio che rimanga mio e totalmente mio. Nei libri in cui parlo di me stessa, parlo di una parte di me stessa che sia condivisibile con altre persone e tratta di temi sociali che riguardano la nostra società.
Dall'altra parte assumo i panni della reporter e racconto paesi e parti di mondo che mi ha incuriosito visitare, conoscere e raccontare. Ma non c'è stato un cambiamento, c'è stato solamente una divisione del lavoro.
Manuela: Per fare fumetto sociale bisogna fare molta ricerca e tu sei una persona molto introspettiva. Come ha impattato la ricerca per lavoro e interculturale che fai per costruire i tuoi libri su quella tua interiore?
Takoua: Altra domanda abbastanza complicata. Io sono da sempre stata una ragazza molto introversa, molto socievole, ma molto introversa. Ho lavorato molto su me stessa, sul controllare il mio carattere, però ti dico una cosa: fare il mio lavoro è stata anche quasi una sorta di terapia per me, per uscire fuori da questo mio essere introversa. Per imparare più che altro a controllarlo.
Io non rinuncio ai miei spazi personali, la mia solitudine, il mio isolamento personale che uso per riflettere di me stessa con me stessa senza influenze esterne.
Sono allo stesso tempo anche una ragazza molto curiosa, a cui piace fare molto storytelling basato su realtà. Da sempre sono stata sensibile a queste tematiche che racconto, da quando ero bambina, ricordo che già dall'età di dieci anni sono andata a fare volontariato umanitario qui a Roma, seguendo un po’ le orme dei miei genitori, dei miei fratelli e sorelle più grandi di me.
All'epoca non ero totalmente consapevole di quello che stavo facendo, ma avevo comunque consapevolezza di quello che stavo facendo.
Un po’ per quello che ho vissuto prima, basato sulla storia familiare della mia famiglia…è stato talmente brutto e traumatico, perché crescere nei primi otto anni della tua vita, (gli anni più sensibili) sotto una dittatura, una dittatura che è stata molto brutta, molto violenta.
Vedere la polizia che arriva ogni settimana, almeno due volte, tre volte a settimana, almeno irrompere dentro casa tua, minacciando tua mamma, minacciando i tuoi nonni, minacciando tutta la tua famiglia. Vedere tuo zio carcerato per dieci anni, torturato in carcere, vedere proprio i segni di tortura sul suo corpo e poi ammazzato in carcere.
Con tutta la famiglia a seguito di attivisti, chi nei sindacati, chi nei movimenti politici, chi nelle associazioni studentesche, eccetera.
Quindi sono cresciuta fin dalla nascita in questi ambienti qui, circondata da persone molto attive, molto sensibili a queste tematiche e quindi automaticamente mi ha portato a sviluppare una certa consapevolezza prima rispetto ai miei coetanei e sviluppare una certa sensibilità per certe tematiche che dovremmo avere tutti, a prescindere da viverle o non viverle.
Queste esperienze di vita sono tematiche che riguardano l'essere umano, riguardano i diritti umani, riguardano tutti a prescindere. Essere introversa e curiosa allo stesso momento è strano da dire, ma ho fatto un lavoro su me stessa negli ultimi anni a cercare di controllare un pochettino una parte del mio carattere tirarla fuori quando necessario.
Però è stato un lavoro molto duro, un lavoro molto difficile e io sono una persona che ha molto, molto autocontrollo.
Qualsiasi cosa, cioè su qualsiasi aspetto della mia vita, io posso dire che forse uno dei pochi pregi che ho è avere autocontrollo. Assumere il controllo sul proprio carattere.
Manuela: Qual è la cosa più importante che ti ha insegnato portare il velo?
Takoua: La cosa più importante, posso dire è che avere autostima di me stessa, non perdere l'autostima di me stessa. È avere una forza di carattere e impormi così come sono, anche se gli altri non ti accettano in questo senso. Intendo dire avere autostima di me stessa ed è stato veramente molto importante per me.
In un mondo ormai, non dico solamente la società italiana, ma tutte le società del mondo, ti giudica, ti punta il dito, ti categorizza, ti accetta solo se sei come loro, o in determinati contesti sociali o in altri.È veramente difficile essere sé stessi in questo mondo!
Ma anche durante l'adolescenza che è il momento più delicato, no?
Quando si definisce la propria identità, quando vai a studiare all'università si creano i gruppi di amicizie. Al lavoro magari, se non rientri in certi canoni estetici velo, non velo. Magari una persona grassa, oppure una persona nera, oppure una persona tatuata, oppure una persona disabile, oppure una persona che ne so…che ha i capelli tagliati in un certo modo, si veste in un certo modo.
Ecco una persona che ti giudica per le tue apparenze e non per le tue qualità e le tue competenze…io penso che il velo mi abbia insegnato a sviluppare e mantenere una certa autostima di me stessa.
Se io voglio essere così, se tu non mi accetti è un problema tuo, non mio semplicemente.
Manuela: Come è stato crescere con dei genitori come i tuoi, molto attivi dal punto di vista politico e sociale, e anche con i tuoi fratelli, che so che lo sono molto anche loro?Takoua: Devo dire molto complicato, ehehhehe. È molto complicato, vabbè, i miei genitori, che ai loro tempi lottavano anche in un altro paese, quindi un'altra società, un altro contesto sociale, politico e religioso, eccetera eccetera. Lottavano per le loro cose, però mi hanno trasmesso l'attivismo che mi ha spinto e mi ha portato a lottare per la mia società, in cui sono cresciuta, quindi l'Italia.
Per i miei diritti e le mie cose, qui.
Quindi abbiamo lottato per cose diverse, ma abbiamo un sacco di cose in comune e come base, appunto i diritti umani, però non è facile crescere con due genitori attivisti. Soprattutto due genitori attivisti che sono stati esiliati politicamente, quindi tutto ciò che fanno influisce sulla vita dei propri figli.
Per me, per esempio, venire in Italia non è stata una scelta, hanno scelto i miei genitori per me. Neanche i miei genitori hanno scelto, sono stati costretti per il loro attivismo ad abbandonare il loro paese e venire qui, appunto. Uno si potrebbe chiedere perché non sono andati in alto un paese arabo?
Perché tutti gli altri paesi arabi rimandavano indietro gli attivisti tunisini e non concedevano asilo politico.
Quindi l'Europa concedeva asilo politico e neanche a tutti, l'Italia non lo concedeva. Solamente nella fine degli anni ‘90 ha iniziato a concederlo ai tunisini, in modo particolare, visto i rapporti diplomatici tra i due paesi. Una storia di amicizia tra prima Craxi, poi Berlusconi, poi altri ancora con Habib Bourguiba e chi c'era prima in Tunisia.
Quindi influisce molto sulla vita dei propri figli, la loro scelta di fare attivismo, venire in Italia e scegliere di rimanere in Italia. Ecco, il rimanere in Italia è stata una scelta, diversamente da altri tunisini che andavano in Francia perché la seconda lingua in Tunisia è il francese, oppure in Germania e altri paesi ancora, ha influito molto sulla mia identità. Io da identità tunisina ho acquisito un'identità italiana e dovevo farle convivere insieme con una certa fatica qui in Italia.
Hai l'identità tunisina, l'identità italiana, l'identità religiosa che è musulmana in una società che non è musulmana, l'identità estetica, il fatto che io sono scura di pelle non sono né nera né bianca, sono una via di mezzo, dai bianchi sono considerata nera, dai neri sono considerata bianca.
Ecco, questi sono stati gli effetti delle scelte miei genitori, però io non ne faccio assolutamente una colpa, anzi tutto il contrario.
Io sono contenta perché io ragiono sempre in questi termini: Ok, tutto quello che ho vissuto io non lo auguro mai a nessuno, però è stato necessario per me viverlo perché mi ha portata ad essere la persona che sono oggi.
Ho ancora tanti miglioramenti ancora da fare, sicuramente, però mi posso ritenere soddisfatta della persona che sono oggi.
Non mancano i problemi, però sono comunque soddisfatta e penso sempre, se i miei genitori invece non avessero preso tutte le scelte che hanno preso, cioè lasciare la Tunisia e noi fossimo rimasti a vivere in Tunisia, io non sarei la persona che sono oggi. Mi ritengo una persona non solo interculturale, ma anche transculturale, e questo mio mia transculturalità è il lato di una serie di scelte che hanno preso i miei genitori e anche di scelte che io l'ho fatto su me stessa.
Ho scelto di continuare a fare attivismo, potevo anche non farla questa scelta, potevo finire la tradizione con loro o con i miei fratelli e prendere un'altra strada, però ho scelto di farlo perché io volevo farlo.Cogliere il lato positivo da tutto ciò che è negativo è una base fondamentale del mio stile di vita e penso che forse l'arte che ho imparato nella mia vita piuttosto che l'arte concreta, cioè il fumetto.
Quindi sì, non è stato facile, assolutamente essere figlia di due attivisti.
Manuela: Immagino perché comunque, insomma, c'è molto bagaglio, ma anche una certa responsabilità.
Takoua: Sono molto fiera di loro. Devo ammettere questa cosa.
Manuela: Eh beh, direi. Da poco è uscito il tuo nuovo libro “Crescere in Mozambico” edito da BeccoGiallo,
che racconta il tuo viaggio insieme all'organizzazione umanitaria WeWorld nel nord del Mozambico. Racconta la vita di bambini che vivono quotidianamente tra guerra e disastri climatici. Mi racconti di progetto e anche cosa porti con te da questa esperienza?
Takoua: Allora, io sono stata in Mozambico a maggio scorso, per circa tre settimane, forse qualcosa in meno. Onestamente quando sono partita non avevo minimamente idea di quello che avrei visto, cioè io mi aspettavo completamente un'altra realtà.
E invece, mi sono ritrovata una realtà molto, molto molto brutta, nei villaggi, nelle persone, le storie delle persone che ho incontrato e intervistato.
L’organizzazione quando ti spedisce in determinati paesi ti prepara, ti manda tutto il materiale, per conoscere i progetti su cui loro lavorano e avere comunque un'idea su cosa aspettarsi, però ecco, nonostante mi fossi preparata prima ho visto una realtà terribile in Mozambico.
Hai presente quando vivi la povertà sulla tua pelle?
Vivi cose terribili sulla tua pelle, conosci la povertà con i tuoi occhi e l'hai toccata con mano? La povertà che ho visto in Mozambico non l'ho mai vista prima onestamente, è terribile. È uno dei dieci paesi più poveri al mondo. Storie di bambini, bambini adulti.
Tu vedi dei bambini di sette, otto anni che vanno a lavorare, che lavorano e studiano allo stesso momento.
Bambine di dieci, undici anni che sono già mamme o incinte. Molti di loro sono dei rifugiati umanitari — rifugiati umanitari interni —perché per essere rifugiato umanitario non necessariamente deve uscire dal tuo paese; ma vai da regione in regione per via appunto della guerra, del conflitto armato che c'è nel Nord del Mozambico. Molti sono dislocati perché i loro villaggi sono stati spazzati via da cicloni, da alluvioni, da monsoni in generale, e molti di loro sono sia questo, che quell’altro. Rifugiati umanitari e dislocati.
Quindi portano il peso sulle spalle che è un trauma molto grande di quello che hanno vissuto, e lo vedi. Vedi proprio i segni sul loro viso e nel loro sguardo nel loro modo di atteggiarsi da adulti.
La responsabilità che si addossa un bambino, che è la responsabilità di un adulto, che qui magari in Europa la vedi come la responsabilità di un magari un trentenne, ma neanche di un trentacinquenne, quarantenne. Fare il libro subito dopo questo viaggio mi ha portato a rivivere quelle cose.
E a fare anche tante rinunce, lo spazio era poco a livello di pagine, non potevo raccontare anche le cose belle del Mozambico come il lato culturale, il lato colorato, l’altro lato della vita dei bambini, raccontare anche il loro lato infantile, la loro voglia di sognare, di crescere, di giocare, di studiare, di fare tante cose come un qualsiasi altro bambino.
Penso che io di questo libro onestamente non ho raccontato tutto ciò che volevo raccontare, per questioni di spazio e per questioni anche di tempo, ho avuto molto poco tempo per farlo.
Ecco però mi piacerebbe in futuro, questa è una cosa che devo ancora discutere con l’editore, però ve lo racconto comunque mi piacerebbe fare una versione molto più estesa per raccontare tutto ciò che c’è anche di bello del Mozambico. Che è un paese meraviglioso che ha delle spiagge vergini dove il turismo non ha ancora inquinato, di paesaggi veramente stupendi e di persone molto rispettose. Persone che amano vivere, che si aggrappano alla vita. Le tradizioni e i colori che ho visto. Secondo me il Mozambico è anche questo.
Manuela: E ci credo!
Takoua: Le tragiche cose che il Mozambico vive sono la conseguenza di una serie di scelte che, non solo alla politica interna ha preso, ma soprattutto la politica esterna. Il Mozambico è uno dei paesi più ricchi al mondo.
Le risorse naturali tra gas, minerali, pietre preziose — c’è veramente tutto — petrolio, è uno paese più ricchi al mondo di risorse naturali, ma uno dei dieci paesi più poveri al mondo. Perché un paese così non può sfruttare le proprie risorse naturali?
Perché cinquecento anni di colonialismo portoghese ha distrutto il paese. La conseguenza di ogni colonialismo, non solo quello portoghese, ma anche quello francese, quello olandese, quello inglese, quello italiano eccetera.
E anche il fatto che nonostante abbia conquistato la propria indipendenza, il Mozambico nella fine degli anni settanta ufficialmente è un paese indipendente, ci sono sempre delle influenze esterne, politiche esterne, potenze internazionali che risucchiano il paese. Ma questo vale per tutti i paesi che sono stati colonizzati.
In un certo senso io penso che il colonialismo non abbia cessato di esistere, abbia solo assunto una forma diversa.
Manuela: Non vedo l'ora di averlo tra le mani e di poterlo leggere.
Takoua: Spero che piaccia.
Manuela: Ci sono altre forme d'arte che vorresti esplorare?
Takoua: Io sono una grande appassionata di musica e una grande appassionata di cinema. Però sto sperimentando il cinema, adesso non vi spoilero niente, perché non non posso ancora svelare niente.
Sto sperimentando queste altre forme di cinema e televisione in realtà. Cioè televisione nel senso di serie TV. Vediamo, io sono una a cui non piace dire quello che fa prima di farlo.
Non vorrei essere presa per quella che dice e poi non fa, solo perché non sono riuscita a farlo, quindi prima faccio e poi dico.Però si, mi piacerebbe sperimentare altre forme d’arte, come per esempio, la musica.
Mi piace tanto ascoltarla, ma vorrei imparare uno strumento musicale, se avessi il tempo lo avrei già fatto molto volentieri.
Io sono un'appassionata di arte in generale. Ma proprio in generale, mi metti in difficoltà con questa domanda.
(Manuela e Takoua ridono)
Manuela: Tempo ne avrai e io sarò qui a godermi lo spettacolo! Tu sei una persona estremamente determinata e proattiva, quando ti scoraggi, cosa ti tira su?
Takoua: Mi scoraggio molto spesso, mi scoraggio veramente tanto spesso. Però, ecco, nei momenti di debolezza, di umana debolezza che tutti — anche la persona più coraggiosa di questo mondo ha —quel coraggio, viene da una certa debolezza che una persona ha.
Cosa mi tira sù è ritagliarmi il mio spazio. È quello che raccontavo prima. Io ho bisogno di uno spazio che sia mio. Mi metto dentro e penso, e rifletto con me stessa, senza nessuna influenza esterna.Magari può anche non funzionare per altri, dipende da persona a persona, da carattere a carattere. Mi porta a schiarirmi le idee, a capire come fare, cosa fare e quando farlo.
Poi, un’altra cosa che mi mi tira sù è viaggiare. Una delle mie più grandi passioni è viaggiare in solitudine. Ecco un modo per ritagliarmi lo spazio è viaggiare da sola, uscire al di fuori di tutto e andare da una parte e stare con me stessa, lontana. Per me viaggiare è una cosa necessaria.
Al di fuori, non dico all'interno dello stesso paese, io vado al di fuori, in altre culture, in altri paesi, in altre lingue, dove conosco meglio me stessa perché viaggiare da soli aiuta a conoscersi meglio.
Conoscere i propri limiti e superarli.
Questa cosa mi tira veramente molto, molto, molto su e carica la mia creatività.
Manuela: Come è vero. Viaggiare da soli è la cosa più bella del mondo. È bello anche viaggiare con gli altri, però è una cosa diversa, è una cosa a sé.
Takoua: Assolutamente, son d'accordo. Sì, è bello viaggiare con gli altri io l’ho faccio ogni tanto, ma senza esagerare.
(Manuela e Takoua ridono)
Dipende in realtà, se sono viaggi di gruppo, quelli li evito anche volentieri. Solo se sono costretta per motivi familiari, in certe occasioni oppure per motivi di lavoro, allora si. Però se li devo fare per piacere no perché è una vera rottura di scatole! Lo dico proprio nel modo più sincero possibile.
Per il carattere che ho io, io sono una persona che fa di tutto per mettere a proprio agio le altre persone che mi circondano, quindi quando viaggio con una persona io faccio quello che vuole l'altra persona, quindi se vuole andare in un posto io ci sto.
Non impongo mai quello che io voglio vedere. Per questo ho sempre necessità di viaggiare da sola, perché vado dove voglio io, come voglio io, quando voglio io.
Quando sono con altre persone, già con una persona fai un certo tipo di sacrificio, io sono sempre quella che fai il sacrificio e non permetto mai agli altri di fare un sacrificio per me. È un mio difetto, purtroppo sono fatta così.
Quindi sì, viaggiare con una persona, lo faccio veramente con persone che sono molto vicine a me, con cui mi sento a mio agio.
Manuela: Ti capisco anch'io sono così.
È difficile per me quando si fa un viaggio, imporre quello che voglio fare io o comunque finisco sempre per andare dove magari vuole l’altro.
Invece per vedere un posto come vuoi tu devi andarci tutta sola,
con i tuoi tempi, i tuoi ritmi. È un po’ come lo sport, io lo sport lo posso fare solo da sola.Takoua: È vero.
Infatti invidio un po’ con le persone che riescono a imporsi in un gruppo. Anche quella è una forma di forza di carattere, non che che la nostra non sia una forza di carattere, assolutamente ci vuole forza per stare da soli. Per fare le cose da soli, per viaggiare da soli. Sono forme di forze di carattere diverse. Ecco.
Manuela: Anche secondo me.
Qual è la prima cosa a cui pensi quando ti svegli?Takoua: Allora? Allora la prima cosa a cui penso è il cibo hahahah!
(Takoua e Manuela ridono)Il caffè prima di tutto, perché senza quello, il mio cervello non connette. I miei neuroni non connettono.
Però, un’altra cosa che mi viene in automatico fare senza pensarci, prima del caffè è prendere il telefono e vedere le notifiche e i messaggi. Dovrei smettere, perché è veramente una droga il telefono.
È una brutta cosa da fare, però proprio in automatico senza pensarci prendo il telefono, guardo le notifiche che ci sono.È un brutto gesto secondo me, perché siamo dipendenti dal telefono e dai messaggi.
Ti rendi conto di essere dipendente un pochettino a livello emotivo dalle altre persone. Che non hai una completa indipendenza emotiva.
Manuela: Si, ti capisco!
Takoua: Cerchi i messaggi di determinate persone, non di qualsiasi persona. Cerchi affetto anche in quei messaggi no? Soprattutto per una single come me!Ahahaha
(Takoua e Manuela ridono)
Questa è una cosa tipicamente da single!
Manuela: Guardare il telefono di prima mattina, che è una cosa che spesso faccio anch'io, anche se a volte mi disconnetto da questa abitudine per lunghi periodi e poi magari invece ci ricasco.
Effettivamente è un po’ come fare entrare le altre persone nel momento in cui il nostro cervello si è ripulito nella notte da tutte le varie ansie, preoccupazioni, cose da fare e invece di proteggere quel momento di pulizia, è come se dessimo la priorità agli altri anziché a noi.
Takoua: È vero, concordo.
Manuela: Se potessi svegliarti una mattina con una nuova abilità, quale sarebbe?
Takoua: Anche immaginaria? che non esiste?
Manuela: Sì, sì. Immaginaria vale.
Takoua: Oserei dire il teletrasporto.
Mi piacerebbe molto avere questo super potere. Viaggiare è bello, ma il percorso che fai, la burocrazia, i visti, i controlli, e questo e quest'altro è un po la rottura di scatole. Quindi con il teletrasporto ti eviti tutto questo, ma non solo teletrasporto. Non solo il teletrasporto fisico, quindi andare da un luogo all'altro in un microsecondo, ma anche un teletrasporto temporaneo.A me ogni tanto piacerebbe tornare indietro nel tempo. Quando vedo i film ambientati in epoche che non ho mai vissuto perché non ero ancora nata io un po’ di nostalgia la vivo. Anche se sono tempi che non ho mai vissuto.
Questa cosa non potrò mai spiegarmela, però ecco, mi piacerebbe tornare indietro e sfatare questa nostalgia che provo di un tempo che non ho mai vissuto.
Per pura curiosità di vedere come vivono le persone in quel secolo, in quel determinato luogo, come ragionano, come pensano. E viverlo io sulla mia pelle, perché io in tutto ciò che faccio, ho bisogno di mettermi nei panni e vivere le esperienze che vivono in altri per poterle capire.
Quindi forse è per questo senso di nostalgia quando vedo film ambientati che ne so nell'antica Roma, oppure Cina imperiale o semplicemente negli anni 50.
E boh, non lo so, vivo sempre questo senso di nostalgia di tempi che non sono miei.
Manuela: Che bella cosa! E dove andresti?
Takoua: Dappertutto, anche nello spazio! Vivo anche il senso di nostalgia di tempi che non ci sono mai stati!
Manuela: Adesso è il momento della Rapid Fire Questions, che sono cinque domande uguali per tutti gli ospiti delle Faville, a cui chiedo di rispondere con la prima cosa che viene loro in mente. OK?
Takoua: Sono pronta!
Manuela: Il migliore Consiglio che hai ricevuto nella tua vita o nella tua carriera?
Takoua: È stato da parte dei miei genitori e ha influenzato tanto anche la mia carriera.
Qualsiasi mezzo, artistico o non artistico è utile e necessario per comunicare qualcosa. Comunicare un'informazione e comunicare noi stessi.
E io ho preso questa cosa per parola, perché poi mi è stato detto quello che raccontavo prima che tutti gli altri, gli adulti mi dicevano “Vai a fare questo piuttosto che perdere tempo a fare i fumetti, no?” I miei genitori mi hanno invece molto appoggiata in qualsiasi scelta ho fatto nella mia vita, soprattutto nelle mie scelte di di carriera. Scegliere il fumetto come una professione, ed è stato per questo che mi hanno detto questa frase, perché hanno visto che i loro amici minimizzavano tantissimo questa mia scelta e loro mi hanno detto questa cosa: “Tu hai scelto di fare fumetto? E allora fallo perché è un mezzo utile, necessario e anche quello è un mezzo di comunicazione!”.
Poi comunicare tantissime cose con il fumetto. Mi ha portato anche ad acchiappare un significato da queste parole, di credere in noi stessi e nelle nostre capacità.
E una cosa fondamentale, senza quella non possiamo veramente creare niente, fare niente, dalla cosa più banale alla cosa più grande che vogliamo fare nella nostra vita. Avere autostima, stime delle nostre capacità, del nostro essere, del nostro appartenere.
Appartenere a qualsiasi cosa apparteniamo e andarne fieri è una cosa necessaria per vivere.
Manuela: Cosa c'è sul tuo comodino?
Takoua: Siccome ho ri arredato la mia stanza da poco, l'unica cosa che manca, è proprio il comodino! AHAHAHAH.
Ci stavo veramente pensando da giorni. Ho bisogno di un comodino, però ho un tavolino che uso come comodino, finché non arriva il vero comodino. E c'è una bottiglia d’acqua, delle candele e un diffusore.
Le cose necessarie per uno stato zen prima di andare a letto.Manuela: Su cosa, in generale le persone si sbagliano su di te?
Takoua: Io sono una persona che facilmente fraintendibile, e molto spesso chi non mi conosce, la prima cosa che pensa di me mi dà dell’arrogante!
Manuela: Ma davvero? Non avrei mai detto!
Takoua: Per chi mi vede fisicamente, di persona sì, ma questo è stato sempre il mio problema. Essendo una persona introversa, che sto sempre per le mie, la gente mi fraintende spesso dice “questa è una persona che se la tira!” proprio detto alla romana, e arrogante e però no, assolutamente. Il contrario, io per per timidezza, per per carattere sono un po così. E poi cambiano completamente idea, ma dopo 5 minuti che parlano con me.
Manuela: Certo!
Takoua: Fin dal primo contatto questa cosa si smonta.
Manuela: Qual è l'ultima cosa che ha imparato?
Takoua: Una cosa che ho imparato recentemente, ho proprio la cosa più recente e imparare ad apprezzare il cibo indiano.
Manuela: Questa è una cosa fondamentale, anche perché il cibo indiano è buonissimo!
Takoua: È buono cavolo!
Manuela: Dove possiamo trovarti su Internet
Takoua: Su Instagram sicuramente! Sul mio profilo personale che è quello che uso di più. C'è anche in realtà una pagina Instagram che è @intercultural_comics su Facebook. Anche se su Facebook mio profilo personale è chiuso, ma tutto ciò che pubblico è aperto a tutti quanti, anche a chi non è mio amico. Tik Tok che ho appena fatto. Perché? Perché appunto, lavorando su libri per ragazzi. Instagram è il principale.
Manuela: Takoua, grazie mille per queste chiacchiere e grazie mille per dare a tutti noi il privilegio venire con te, attraverso il fumetto e tutto il tuo lavoro, nei tuoi viaggi e nelle tue ricerche, nella tua preziosa visione del mondo.
Takoua: Grazie mille a te e a tutti coloro che ci ci ascolteranno. Spero che sia stato un momento di condivisione utile.
Manuela: Da questo episodio porta a casa che imparare come funzioniamo e prendersi del tempo ogni volta che si può, per fermarci, ascoltarci e fare un bilancio migliora la nostra vita. Un bilancio che pesa, riassesta e ridireziona, non un bilancio che colpevolizza e accusa. Prendersi il tempo per farci le domande giuste e cercare di osservare a cosa di buono può nascere da esperienze negative.Questo non significa che accada sempre qualcosa di buono dalle cose brutte ma perlomeno vale la pena guardare bene tra i cespugli ed essere sicuri di non lasciare nulla indietro. Che la confusione e un’alleata. È come l’acqua quando bolle in pentola, serve a fare incontrare mondi ed emozioni diverse e di solito è da lì che nasce il cambiamento. Io vi saluto e vi aspetto su Instagram per continuare a condividere spunti e fino alla prossima stagione vi auguro di fermarvi e di guardare bene in ogni angolo. Ciao e a presto.