I propri valori e sostenibilità

Silvia Stella Osella

È possibile fare il proprio lavoro scegliendo di seguire i nostri valori? Silvia Stella Osella ci racconta come ha scelto di disegnare la sua carriera da libera professionista seguendo i suoi valori e ciò in cui crede. Abbiamo chiacchierato dell'importanza di ascoltarsi, di moda sostenibile, di lettere a se stessi e del profondo significato delle tendenze. Silvia è una Textile e Surface Designer e Color Consultant e con i suoi Audit su Instagram crea stupende rassegne dove attraverso una grande lavoro di ricerca seleziona brand che producono i loro prodotti in maniera sostenibile dimostrando che le cose stanno cambiando e che è possibile fare delle scelte più oculate senza rinunciare ne al lato estetico e tenendo in considerazione anche il lato economico.

Buon ascolto!
(^_^)

Silvia Stella Osella - I propri valori e sostenibilità

Sentivo che forse ci sarebbe stato un altro modo per fare lo stesso lavoro un po’ più in linea con quelli che erano i miei valori e la mia etica.”

— Silvia Stella Osella

Scopri di più su Silvia Stella Osella

Silvia è una Textile e Surface Designer. Dopo aver intrapreso gli studi in Arti Visive all’Istituto Europeo di Design, si è specializzata in Textile Design al Central Saint Martins College of Arts & Design di Londra.
Ha co-fondato una delle prime startup di moda sostenibile in Europa e collaborato con alcune delle più importanti aziende tessili europee.

Nel 2015 ha aperto il suo studio a Milano, dove offre consulenza alle imprese occupandosi di ricerca e sviluppo prodotto, analisi delle tendenze, sostenibilità e innovazione.

Silvia mescola moda, design, antropologia e sociologia nutrendo un approccio consapevole e responsabile alla progettazione. Oggi collabora startup innovative come mentor, insegna in alcune delle principali università italiane di design e lavora con grandi gruppi internazionali.

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Silvia Stella Osella: designer e consulente dalla filosofia sostenibile - Grazia.it

A CASA DI SILVIA STELLA OSELLA, TRA CITTÀ E NATURA - Elle Decor

Caleido intervista Silvia Stella Osella textile designer

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Instagram

silviaosella.com

Silvia ha tenuto un corso di Progettazione e colore per design tessili e di superficie sulla piattaforma di Domestika


  • “Sentivo che forse ci sarebbe stato un altro modo per fare lo stesso lavoro un po’ più in linea con quelli che erano i miei valori e la mia etica.”

    Benvenuti a nuovo episodio del podcast “Le Faville” la serie dedicata a quel momento preciso in cui sentiamo che tutto sta per cambiare. La favilla è quella cosa che a un certo punto sboccia salta nasce e ci spinge a cambiare creare e distruggere e ricostruire e ripensare ogni cosa in questo spazio voglio celebrare le Faville di persone molto diverse tra loro. Farmi raccontare come le hanno ascoltate e in quale luogo si sono fatte portare attraverso conversazioni organiche e libere.

     

    Ciao a tutte, tutti e tutt* 

    in questo quinto episodio chiacchiererò con Silvia Stella Osella.

    Silvia è una Surface e Textile designer e ha un suo studio di design tessile e di superficie a Milano. Dopo anni passati a lavorare per grandi corporations ha capito che la scelta giusta per lei era applicare tutta la sua esperienza accumulata fino a quel momento per aiutare i brand che vogliono produrre in modo sostenibile.

    Silvia ci racconta come ha scelto di disegnare la sua carriera da libera professionista seguendo i suoi valori e ciò in cui crede. Parleremo di lettere a sé stessi, del potere di osservare in che direzione va il mondo, di ritornare a studiare, di start up, di case speciali a Roma Nord e di andare nel profondo per disegnare splendide superfici.

    Vi lascio alla nostra chiacchierata. 

    Buon ascolto.

     

    Manuela: Ciao Silvia, grazie mille per essere qui! 

    Silvia: Ciao, grazie mille a te!

    Manuela: Io sono una felice e curiosa spettatrice dei tuoi bellissimi audits, e non solo, su Instagram da cui sto anche imparando moltissimo e quindi ti ringrazio per rendere pubblico tutto questo pazzesco lavoro di ricerca che fai.

    Silvia: Mi fa molto piacere!

    Manuela: Textile e Surface designer, mi racconti un po’ in cosa consiste?

    Silvia: Allora, si! A livello molto pratico significa semplicemente il progettare superfici. Quindi tutto ciò che può rivestire una carta da parati, una stoffa, in realtà qualsiasi cosa di stampabile dal colore, alla stampa, al pattern. 

    Quindi questo diciamo è un livello molto pratico, a me piace pensare che sia una cosa un po’ più ampia, ed è per questo che la parte che amo di più del mio lavoro è la ricerca. 

    Mi piace pensare che in realtà sulla superficie convergano tanti input, che io accumulo appunto con le mie ricerche e intercettando tanti cambiamenti nella società, cercando quindi di trasporli lì in qualche modo su superfici molto diverse. 

    È un lavoro che mi piace moltissimo proprio perché è davvero molto ampio e tra l'altro, come dire, è quasi un po’ limitante come descrizione, proprio perché ci sono molti modi di farlo. E il tessile in questo è strano, proprio perché c'è semplicemente un termine, che è un grosso cappello e mette insieme professioni molto diverse tra loro. 

    Allo stato attuale quello che faccio io è anche tanta consulenza, per cui oltre alla parte di progettazione, mi occupo proprio di aiutare i brand e le aziende a prendere forma, in qualche modo anche attraverso le superfici. 

    Però, ecco, la superficie può essere di tutto (Silvia ride), per cui ogni professionista, segue dei pezzi diversi: non tutti i text designer fanno esattamente la stessa cosa. 

    Ed è un po’ strano se ci pensi, nel senso che tendenzialmente se parli di un fotografo più o meno sai di quello che stai parlando, così come un graphic designer, e l'ambito del Textile design invece è davvero molto vasto. 

    Ha una parte di produzione, una parte molto tecnica ma anche una parte molto creativa; quindi, non è detto che chi ricopre questo ruolo segua tutto. 

    Ci sono persone specializzate in un segmento di tutto questo e persone che invece amano espandere ancora di più l'ambito di competenza.

    Manuela: Per te la ricerca è una parte molto importante, cosa che io capisco profondamente da graphic designer, e anche perché è anche mia la parte preferita dei miei progetti. Qual è il tuo processo? Che cosa ti entusiasma di più?

    Silvia: Partirò da dirti questa cosa, il mio ambito principale di applicazione del lavoro è la moda, ma la cosa buffa è che io non sono mai stata una di quelle persone che sin da piccola ha sempre sognato di lavorare per la moda. Anzi, tra l’altro sono cresciuta in una famiglia dove quest'ambito era visto anche in maniera un po’…come dire…era percepita come molto superficiale, come non particolarmente interessante, per cui sono cresciuta un po’ con quel con quel concetto. 

    Quando poi invece mi ci sono ritrovata, quasi per caso, dopo studi in un ambito un po’ affine che è quello dell'illustrazione (ma comunque molto diverso) ho capito che in realtà la moda era molto di più e che tante figure che ho incontrato nel mio percorso erano in realtà persone tutt'altro che superficiali, ma anzi estremamente interessanti. 

    Che mi hanno trasmesso l'amore per questa complessità, che è questo settore che poi alla fine è un ambito dell'espressione umana così come l'arte, il cinema, la musica. 

    Se pensiamo che l'uomo si è sempre espresso anche tramite i propri vestiti e tramite la scelta di tessuti, stampe e tagli, se la vediamo da questo punto di vista e poi andiamo a esplorare ancora di più e andiamo oltre è veramente un ambito vastissimo e molto, molto bello. Da lì è poi nato appunto il mio amore proprio per la ricerca, perché è una specie di vaso di Pandora, di scatole cinesi, si parte da un punto e non si sa dove si arriva. La moda appunto, come dicevo prima, essendo un'espressione umana, riflettendo grossi cambiamenti sociali, quello che mi ha portato ad amare tantissimo è proprio lo studio e l'analisi delle tendenze. Ovvero il capire in che direzione sta andando il mondo, in che direzione stando alla società. Provare a intercettare questi cambiamenti e a tradurli in design e progettazione. Questa è una cosa che mi ha proprio stregato, mi ha fatto tantissimo innamorare di tutta la parte di ricerca, di quello che chiamano Trend Forecasting all'estero, di Analisi delle tendenze in italiano. Perché in realtà è un ambito che mette assieme tantissime cose: sociologia, antropologia. 

    È veramente molto bello è affascinante.

    Manuela: Tu hai lavorato per molti anni in grandi aziende e poi qualcosa è cambiato che cosa?

    Silvia: Esatto, ero convinta che non avrei mai voluto lavorare per una grossa azienda e invece ci sono finita direttamente dopo i miei studi, e ne sono molto grata proprio perché in realtà ho imparato tantissimo. Ho avuto modo di progettare per clienti molto grandi, per nomi veramente molto grossi e confrontarmi con professionisti estremamente validi che mi hanno insegnato tantissimo; quindi, sono state esperienze davvero fondamentali per me. 

    Questo però ha anche fatto sì che venissi a contatto con dei processi molto complessi, con dinamiche non facili da gestire, che però se da un lato stavo facendo qualcosa che mi piaceva tantissimo, che mi appassionava tantissimo, e mi sembrava finalmente di avere trovato il mio posto nel mondo dopo tanti anni d'indecisione perché sono una persona estremamente curiosa e prima di fare questo lavoro ho esplorato un po’ di tutto. Però appunto sentivo che forse ci sarebbe stato un altro modo per fare lo stesso lavoro, un po’ più in linea con quelli che erano i miei valori e la mia etica.

    Proprio perché in queste grosse aziende, per quanto avessi la possibilità d'interfacciarmi con realtà enormi, dall'altra parte però vedevo dei processi molto lontani da quello in cui credo. Per cui, ecco, sono stati anni veramente formativi, ma anche di grande riflessione.

    Manuela: Quando hai scelto di creare il tuo studio e basare le tue consulenze sul punto di vista del sostenibile, hai dovuto ricominciare a studiare?

    Silvia: Ah, sì, assolutamente! 

    Allora diciamo che avevo dopo un po’ di anni, quasi una decina di anni in azienda, avevo in ogni caso deciso di aprire un mio studio. 

    Di provare a fare questo lavoro in maniera un po’ diversa. 

    Più o meno nello stesso periodo è successo che sono stata contattata da una ragazza finlandese, più o meno mia coetanea, che all'epoca voleva lanciare una delle primissime start up di abbigliamento sostenibile interamente tracciabile. 

    Quindi, una cosa di cui adesso si parla abbastanza, ma che nel 2011- 2012 era una cosa particolarmente nuova, e questo è stato un po’ un segno. 

    Nel senso che, se già ero abbastanza certa di voler provare a fare le cose in maniera diversa, però ero anche come dire un individuo solo con grande difficoltà nel trovare un feedback da altre persone, anche semplicemente confronto da parte dei miei colleghi all'epoca, questo mi ha detto: ecco questa potrebbe essere una buona occasione per mettere insieme le due cose. 

    Da un lato, buttarmi in una nuova avventura come quella del mio studio di consulenza e dall'altra grazie all'esperienze di questa start up provare, a riscrivere i processi del mio lavoro, cioè provare ad azzerare quello che ho imparato finora, quantomeno per un periodo, e provare a reinventare la progettazione in quest'ambito. 

    Provare veramente a riscrivere un po’ le regole della progettazione di superficie di più appunto in linea con i miei valori, più in linea con tutto ciò che tiene conto di ambiente, lavoratori. E così ho fatto, e stata un'esperienza molto tosta, molto formativa proprio perché abbiamo fatto tutto da sole in un periodo storico in di sostenibilità nella moda si parlava pochissimo. 

    Proprio perché abbiamo visto le difficoltà e le abbiamo vissute in prima persona.

    Quando poi ho deciso di dedicarmi al 100% allo studio, e quindi di non seguire più anche parallelamente questo progetto, mi sono portata dietro sempre tutto questo bagaglio, anche le difficoltà, aiutando oggigiorno, ad esempio piccoli e medi brand a superarle, proprio perché l'avevo visto in prima persona. 

    Quindi il passaggio è stato quello, è tutto avvenuto diciamo tra il 2012 e 2014, quindi non proprio da un giorno all'altro. Sono stati anni di grande fermento, ecco.

    Manuela: Certo, beh, immagino! Che meraviglia, poter fare questo, è una cosa che in effettivi non è per niente scontata. Poter prendere una decisione basata su come secondo noi le cose dovrebbero andare, e poi dopo iniziare a costruire a grappolo tutta una serie di azioni. Da qui infatti viene questa domanda. 

    Hai mai avuto dubbi o paure, che usare i tuoi valori come bussola per intraprendere il nuovo capitolo lavorativo, potesse non funzionare?

    Silvia: In generale io non sono una persona impulsiva anzi sono abbastanza l'opposto. Sono una persona estremamente riflessiva e analitica, quindi le mie azioni e le mie scelte non avvengono da un giorno all'altro. Da un lato ammiro chi è in grado di buttarsi così, però diciamo è stato un accavallarsi di cose, uno stratificarsi di certezze. Sentivo che man mano tanti pezzetti si mettevano assieme. 

    E sentivo che da sola sarebbe stato estremamente stimolante fare questo lavoro e seguire un po’ il mio intuito, tra l'altro anche per la natura del mio lavoro.

    Cioè, io mi occupo anche di analizzare il presente e il futuro e tradurlo in qualche modo, e capivo che ci sarebbero state delle grandissime opportunità in questo senso, per cui anche da un punto di vista molto pratico sentivo che ci sarebbe stato mercato. 

    Perché è vero bisogna ovviamente seguire le proprie intuizioni, i propri valori, però bisogna anche essere molto realisti. 

    E questo mi è sempre riuscito molto bene, devo essere sincera. Sono sempre stata abbastanza brava ad analizzare lo stato delle cose senza farmi cogliere troppo dall'emotività. 

    Certo, è stato più tosto dopo, quando ad esempio, dopo aver strutturato lo studio, dopo aver intrapreso tutta questa strada, ad esempio, ho ricevuto una enorme offerta di lavoro. Le cose stavano partendo molto, molto bene e ricevo questa offerta enorme da un colosso negli Stati Uniti.

    E lì, ovviamente, un po’ le mie scelte hanno vacillato, proprio perché in generale essendo una persona curiosa, essendo una persona a cui piacciono anche un certo tipo di sfide era uno dei brand per cui io ho sognavo di lavorare all'inizio della mia carriera, questa è stata una scelta molto difficile.

    Manuela: Immagino!

    Silvia: Però, di nuovo, non è stato assolutamente facile, ma sono riuscita anche lì a fare una scelta molto analitica. In fin dei conti, si, era stato uno dei brand dei miei sogni, si, sarebbe stata una bellissima esperienza passare un po’ di tempo gli Stati Uniti, non so quanto. Ma comunque sarebbe di nuovo stato reiterare, sebbene un posto diverso, le stesse dinamiche per cui avevo sempre lavorato e da cui avevo deciso consapevolmente di staccarmi.

    Per cui di nuovo una grossa corporation, di nuovo certe dinamiche, che comunque mi avevano fatto intraprendere un certo tipo di scelta. Per cui ripeto, non è stato facile però di nuovo mi son detta “ma ho fatto così tanta fatica a intraprendere questa scelta, sta andando tutto molto bene seguendo un certo tipo d’intuito, i miei valori, le cose stanno andando…Ok, è difficile ma andiamo avanti su questa strada!”.

    Manuela: Certo! E hai fatto benissimo!

    Silvia: Si, devo dire che adesso non ho rimpianti. 

    Al momento è stato molto difficile, però adesso sono molto, molto contenta di aver rifiutato.

    Manuela: “Fare il tuo lavoro a modo tuo” e ti cito, questa è una tua frase. 

    Che benefici ha portato nella tua vita?

    Silvia: Guarda…infiniti! 

    Non credo riuscirò mai a elencarli tutti. 

    Da un lato io sono sempre stata convinta che la libera professione era la forma lavorativa che al meglio mi potesse rispecchiare. Proprio perché, per quanto l'azienda mi abbia insegnato tantissimo, sono stati come ti dicevo prima, anni assolutamente formativi, mi sentivo comunque sempre un po’ ingabbiata. Non era il mio. 

    E poi, io sono dell'opinione che non ci sia una forma lavorativa giusta e una sbagliata, ognuno deve trovare ciò che lo fa star tranquillo. 

    Ci sono tantissime persone che da libero professionista impazzirebbero, e non avrebbero minimamente voglia di gestire, anche sai, certe incertezze che si vivono in alcuni momenti. Per cui penso che siano scelte molto personali, il potermi gestire il tempo, il poter scegliere a chi dire sì e chi di dire no.

    Certo, non è scontato, sono cose che mi sono costruita e mi sono guadagnata nel tempo, però ecco, la libertà in primis è la cosa di cui sono più grata e per cui ho tanto lottato, per cui mi sono impegnata tanto. 

    Libertà rispetto a tanti punti di vista; seguire i miei valori, seguire il mio ritmo come persona, creare un bilanciamento nella mia vita per cui non lavoro più ottomila ore come facevo in azienda, ma gestisco il mio tempo. 

    E il lavoro, per quanto io ami quello che faccio, credo potrei concepirmi come essere umano senza l'aspetto del lavoro, perché sono una persona estremamente fortunata che fa una cosa che ama. 

    Ma allo stesso tempo non voglio che il lavoro sia tutto nella mia vita, mi sono impegnata tanto per trovare un equilibrio con tutti gli altri aspetti che mi compongono, come persona, per il mio bimbo adesso che sono mamma, per i miei viaggi, altri interessi al di là del design e di tutto il resto. 

    Per cui l'equilibrio e la libertà sono due cose a cui tengo moltissimo.

    Manuela: Chiaro…concordo perché anche per me è così. 

    Non so ancora riuscita a raggiungere la perfetta stabilità tra ottomila ore e tempo libero, ma ci sto lavorando. Da quando hai iniziato a lavorare con il tuo studio, dal punto di vista del sostenibile, stai notando dei cambiamenti attorno a te, nelle persone o anche nell'industria in cui lavori?

    Silvia: Si! Assolutamente! Beh…appunto, tieni conto che io ho cominciato a interessarmi di queste tematiche ormai quasi 10 anni fa, anzi, esattamente 10 anni fa. 

    E, se all'epoca, ero un po’ la pazza del villaggio che voleva rompere le scatole, adesso direi che è un tema assolutamente caldissimo di cui tutti parlano. 

    Poi, come se ne parla oggi è un altro discorso. 

    Però io sono dell'idea che comunque è importante che se ne parli, nel senso che se le aziende si stanno muovendo in una certa direzione, se vediamo effettivamente in tutti gli ambiti grandi campagne, grandi claim in una certa direzione è perché effettivamente c'è una richiesta da parte delle persone. Io dico sempre che appunto le aziende non si buttano in una direzione se prima non sanno che c’è terreno. 

    Per cui, assolutamente sì! 

    Le cose stanno molto cambiando e c'è ancora tantissimo da fare, nel senso che comunque, come dicevo prima c'è chi lo fa con cognizione di causa e chi invece lancia lì il progettino di greenwashing per lavarsi un po’ la coscienza. 

    Però intanto si sta muovendo tantissimo. 

    Le persone, io noto proprio che da parte delle persone c’è un interesse crescente, ma veramente, di giorno in giorno. La voglia di cominciare a capire qualcosa di più, e di imparare qualcosa di nuovo. Faccio spesso un parallelismo con il cibo, nel senso che appunto, se penso a quello che mangiavamo noi da piccoli figli degli anni ‘80 e l'attenzione che c'è adesso, anche soltanto quando si dà qualcosa da mangiare a un bimbo. 

    Ma anche per noi, in primis, è cambiato veramente tantissimo.

    Ci chiediamo cosa mettiamo nel nostro piatto, facciamo attenzione a un certo tipo di filiera. E un po’, secondo me, sta cambiando anche per la moda e per altri settori. 

    In realtà, ripeto, il lavoro da fare è ancora moltissimo però io, sarà che sono una persona molto positiva, ottimista, sarà perché effettivamente vedo una richiesta da parte dei miei clienti, una ricettività diversa. 

    Sono ottimista anche in questo.

    Manuela: Qual è stata la tua più grande favilla?

    Silvia: Allora, proprio perché non sono una persona impulsiva, è difficile per me pensare a una singola favilla. 

    Ma piuttosto, la vedo come tanti piccoli pezzi di brace che nel tempo hanno poi fatto scattare la favilla, tanti piccoli mattoncini, un po’ come dicevo prima che mi hanno permesso di ascoltarmi, e di credere un po’ in quello che stavo sentendo. 

    Credo che il lavoro su me stessa, e quello di ascolto, sia stato estremamente importante rispetto a tanti ambiti della mia vita. 

    Credo che sia quello che poi ti permette di intercettarle davvero queste Faville e di portarle uno stadio diverso, no? 

    Di non lasciarle lì, inascoltate, generando magari frustrazioni, paure, ma anzi di coccolarle in un certo senso e dire “Ok. Adesso cosa ci posso fare con questo?”.

    Manuela: Io sono rimasta molto colpita dai tuoi discorsi sulle tendenze, che ho già ascoltato in altri podcast, e in altre tue interviste. Tra l'altro hai accennato a questo all'inizio della nostra conversazione, appunto su quanto sia importante osservarle e su quanto siano poco frivole, contrariamente a quanto siamo abituati a pensare. Ti andrebbe di raccontarci questo, un po’ più approfonditamente?

    Silvia: Certo, assolutamente! Anche perché è uno dei miei temi preferiti, quindi non mi stanco mai di parlarne, ti dirò! 

    Ma, allora, appunto normalmente vediamo i trend e le tendenze come un'esplosione momentanea di un qualcosa che vediamo dappertutto per poi scomparire. 

    Quindi, lo associamo a una cosa, come dicevi tu estremamente effimera, estremamente superficiale. Anche perché normalmente pensiamo alla tendenza legata alla moda, all'abbigliamento, un po’ obsolescenza programmata, no? 

    Una cosa fatta, già progettata per durare poco. 

    In realtà, il concetto è molto più ampio, proprio perché si tratta proprio di capire in che direzione tende il mondo, e da lì, che arriva il termine tendenza.

    In che direzione sta andando la società, l'uomo, l'esprimersi umano è saperlo ascoltare per poi tradurlo in diversi modi. 

    Nel senso che chi studia e analizza le tendenze non fa altro che ascoltare con un occhio proiettato veramente molto in là nel futuro. 

    Vengono monitorati ambiti estremamente diversi della società, quindi dalle nuove scoperte scientifiche alla geopolitica, veramente cose molto diverse da quella che è strettamente la progettazione. 

    Proprio per capire in che direzione stiamo andando. 

    E chi si occupa di Trend Analysis, di Trend Forcasting, si occupa di tradurre questi grandi cambiamenti in strumenti molto concreti per i progettisti, che permettono loro di creare, fare qualsiasi cosa: un oggetto, una stampa, veramente con qualsiasi tipo di prodotto o di servizio. 

    In linea con quello che saranno i bisogni futuri delle persone, quindi non creare qualcosa tanto per il gusto di farlo, ma farlo veramente con cognizione di causa. 

    E questo, ci permette di capire in anticipo quali saranno i grandi cambiamenti, e come si rifletterà sulle persone, e di che cosa avranno bisogno le persone tra tre-cinque anni, e come possiamo aiutarle noi come designer, in questo senso. 

    Faccio questo esempio che è abbastanza incredibile.

    Una delle più grandi trend forecasters al mondo, si chiama Lidewij Edelkoort. Lei è olandese ed è uno dei miei miti viventi assoluti. Lei è da sempre è famosa proprio per la sua capacità di ascoltare il mondo, con un occhio al futuro, veramente sconcertante. 

    Lei, in qualche modo, aveva predetto che sarebbe arrivata la pandemia, sapeva che per come stavano andando le cose dal punto di vista medico, dal punto di vista dei grandi fenomeni che si stavano manifestando sarebbe potuto succedere qualcosa di analogo. E ne aveva parlato in un'intervista Dezeen, mi sembra un paio di anni prima della pandemia, lei ha predetto quello che sarebbe successo, che ci saremmo trovati tutti in casa, che avremmo avuto bisogno di un ambiente domestico più accogliente, di abiti che ci permettessero di lavorare in remoto, insomma è abbastanza incredibile ma il trend forecasting si occupa esattamente di questo, in qualche modo predire il futuro e offrire strumenti molto concreti per la progettazione. 

    Quindi, quello che dico io e che si tende a scindere totalmente sostenibile e tendenza, proprio perché, una cosa di tendenza si reputa una cosa che durerà poco e quindi totalmente insostenibile. 

    In realtà, il leggere le tendenze e i grandi cambiamenti e quindi macro-cambiamenti non le micro-tendenze, ci permette proprio l'opposto, di essere molto sostenibili proprio perché si vanno a creare dei prodotti che veramente verranno utilizzati e non dei prodotti totalmente casuali, per un determinato periodo storico. Spero di essermi spiegata, perché mi rendo conto essere tematiche un po’ complesse.

    Manuela: Ti sei spiegata benissimo, questo mi fa pensare infatti al potere dell'ascolto in generale, che hai introdotto già prima anche tu. Quindi se ascoltare e capire le tendenze ci indica una via per produrre qualcosa che non sia inutile, allora questo concetto si potrebbe applicare anche a noi stessi. Quindi se ci ascoltassimo e ci prendessimo del tempo per farlo, quando ne abbiamo il privilegio naturalmente, finiremo col fare delle scelte che sono di fatto più sostenibili e soddisfacenti per noi stessi e che a pioggia, influenzerebbero positivamente anche gli altri. Cosa ne pensi?

    Silvia: Sono assolutamente d'accordo. 

    Lì ovviamente entrano in gioco tutta una serie di dinamiche molto soggettive, proprio perché al di là della capacità che uno può più o meno avere di ascoltarsi, del percorso che ognuno di noi fa per poter arrivare a un ascolto della propria persona, poi logicamente entrano in gioco anche le caratteristiche personali. 

    La capacità di gestire questo ascolto, quindi sicuramente non è, non può essere facile per tutti. Però il prendersi il tempo per quantomeno provarci, penso che possa far bene a chiunque. 

    Come dici tu, non tutti hanno il lusso di poterlo fare, perché di questo si tratta, specialmente al giorno d'oggi. 

    Però là dove si ha la possibilità, credo che sia veramente molto importante. 

    E credo che adesso sarà una banalità…”il covid ci ha insegnato” …però, in un certo senso, l'avere tanto tempo a casa ha portato tante persone a fare esattamente questo.

    Manuela: Hai una routine o un metodo per ritagliarti dei momenti tuoi?

    Silvia: Ma…allora, diciamo che da quando sono diventata mamma, le mie routine sono state un po’ sconvolte, nel senso che, si fa un po quel che si può diciamo. 

    Io però sono una persona molto notturna, quindi faccio estremamente fatica a svegliarmi al mattino, mentre invece stare sveglia…devo veramente darmi dei limiti per andare a dormire, perché potrei tranquillamente essere tutta la notte a fare cose.

    Ecco, il è momento in cui veramente mi prendo tanto tempo per me stessa, che sia per leggere, fare ricerca, ascoltarmi. 

    In generale la scelta della libera professione era proprio anche per questo. 

    Proprio per decidere un martedì mattina, di prendermi la mattinata libera e per fare delle cose che mi fanno stare bene, e che mi stimolano e mi permettono poi magari di passare un martedì pomeriggio estremamente produttivo. 

    Quindi, anche per questo ho sempre ritenuto che la libera professione potesse essere la formula migliore per me, proprio per una gestione del tempo più compatibile con i propri ritmi. 

    Che non dovesse essere il dover passare per forza un tot di ore in ufficio e magari non dando il massimo di sé. Perché, quando iniziavo in azienda alle 07:45, di sicuro non ero produttiva quanto sono adesso.

    Però, ecco, questa è stata sicuramente una delle scelte migliori che potessi fare.

    Manuela: Bellissimo leggere del fatto che scrivi delle lettere alla futura te stessa, devo dire che è una cosa che faccio anch'io.

    Silvia: Ma dai!

    Manuela: Cosa ti fa venire voglia di farlo?

    Silvia: Guarda, è una cosa che faccio da tantissimi anni, ho cominciato a farlo veramente molto presto. 

    Credo che la prima lettera…di averla scritta a sedici anni, quindici-sedici anni. 

    Ed è incredibile, se l'hai provato anche tu saprai la meraviglia che si prova ogni volta. 

    Un tempo lo facevo in modo analogico, adesso lo faccio in digitale, quando ricevo via mail le lettere che mi sono scritta qualche anno prima è veramente, un un'esplosione. Mi esplode la testa letteralmente ogni volta, proprio perché, anche nell'ottica di sapersi ascoltare è una cosa che ti permette di scrivere in maniera molto oggettiva a te stesso, quindi una persona priva di giudizio, se non il tuo. 

    E descrivere lo stato attuale delle cose in maniera molto chiara, in maniera molto limpida e ascoltarlo e leggerlo anni dopo, con tutti i cambiamenti, tutte le vicissitudini che sono successe nel mentre è veramente incredibile. 

    Proprio perché ti dà l'idea di tutto quello che è successo nel frattempo, di tutti gli sforzi che hai fatto per passare da uno stato emotivo ad un altro e quando poi si sommano a tutte queste cose anche avvenimenti come appunto il diventare mamma, il cambiere lavoro, il cambiare città, è veramente molto bello. 

    Mi dà un'energia incredibile e una voglia di scoprire cos'altro mi aspetta, perché poi appunto, credo che non ci si renda veramente mai conto dei grossi cambiamenti che in realtà affrontiamo finché non li si vede in quell'ottica. 

    Le lettere per me sono sempre state un po’ quello. 

    Adesso addirittura sto scrivendo, forse sono un po’ matta, anche delle lettere al mio bimbo che leggerà quando sarà grande.

    Manuela: Bellissimo!

    Silvia: Ho cominciato a farlo quando è nato, e ogni tanto mi ritaglio un po’ di tempo per farlo. Poi mi chiedo sempre se ha sedici anni avrà voglia di leggersi le lettere della sua mamma pazza, però è una cosa che mi piace tanto.

    Manuela: Io penso che ti ringrazierà un sacco perché… wow! 

    Se ci penso, se potessi leggere delle lettere di mia mamma, sarebbe una figata pazzesca! 

    Silvia: Eh…guarda, mia mamma aveva dei piccoli diari, che io credo di aver consumato da quante volte ho letto quando ero bimba, proprio perché rileggevo tutte le cose che mi sono successe nei primi anni di vita. 

    Quindi, ecco, forse anche quello, è stata un po' una spinta a farlo.

    Manuela: Qual è l'errore a cui sarai per sempre grata? 

    Silvia: L'errore a cui sarò per sempre grata…questa domanda è molto difficile. 

    Direi che ho proprio imparato a non avere grandi rimpianti, a imparare tanto, anche dalle cose brutte, anche dalle cose che sul momento mi sembrano…come dire, inutili o lontane da quello che vorrei. Perché in qualche modo anche gli errori, sarà banale, ti permettono di esplorare parti nuove di te. 

    Capire cosa vuoi, cosa non vuoi, che cosa vuoi cambiare. 

    Quindi sono grata di tutti gli errori che ho fatto, in un certo senso, proprio perché qualcuno di più, qualcuno di meno logicamente però è lo sbagliare in fondo che mi ha portato a fare quello che faccio. 

    Soprattutto, in un'epoca come quella in cui abbiamo studiato noi, perché siamo appunto coetanee, in cui non c'era banalmente la possibilità di avere un confronto su Internet o accedere a tutti i corsi di studio del mondo e capire che cosa vorresti fare in maniera un po’ più semplice, come probabilmente tanti ragazzi giovani hanno adesso. 

    Sbagliare, era forse uno dei pochi strumenti che avevi per capire che cosa fare, provare, buttarti e sbagliare e raddrizzare il tiro ogni volta. 

    Uno in particolare non mi viene in mente, però sicuramente appunto, a questa sequela di tentativi sono grata. 

    Ecco di questo assolutamente.

    Manuela: Hai vissuto in molti posti, qual è stato il luogo che ha smosso più le cose?

    Silvia: Ma…allora ho vissuto in tanti posti diversi. 

    Nell'ultima fase in cui vivevo a Roma e frequentavo tanto Milano, vivevo tanto questa energia che Milano mi trasmetteva e che sapevo poteva essere giusta per me. 

    Se Roma, mi ha dato tanto in termini di legami umani ed è stato anche un posto molto importante prima di tutto per l'ascolto, ho scelto di vivere totalmente da sola per prendermi veramente quel tempo per capire quali fossero i passi successivi per me stessa, al di là del mio lavoro ma proprio per me come persona. 

    Quindi sicuramente quella casa, in un paesino nei Colli a nord di Roma, è stata un luogo magico da quel punto di vista, unita all'energia che vivevo a Milano quando ci venivo molto spesso il fine settimana, essendo il mio compagno qui. 

    Quindi, ecco, queste due cose combinate sono state molto importanti. 

    Sapevo che se fossi rimasta in Italia, perché poi ovviamente c'è sempre un po’ stata l'opzione dell'estero, Milano era l'unica città che mi avrebbe potuto dare quel tipo di energia e di stimoli che realmente cercavo da un luogo, ma allo stesso tempo una qualità della vita adatta i miei ritmi. 

    Una città che fosse stimolante ma a misura d'uomo, allo stesso tempo dove si riunivano tanti dei miei effetti, non troppo lontana dalla mia famiglia.

    Tornando all'ascolto, dopo essermi tanto ascoltata in quella casina a nord di Roma, 

    qui avevo intuito che potesse essere un luogo giusto per mettere un po’ di radici, finalmente dopo tanto spostarmi. 

    Proprio perché riuniva tante cose di cui sentivo di aver bisogno.

    Manuela: Trovo bellissimo che una persona così introspettiva come te sia anche una progettista di tessuti che rivestono le superfici delle cose. 

    Mi sembra un po’ un cerchio perfetto che si chiude. 

    Silvia dove possiamo trovarti online?

    Silvia: Dunque, online come ben sai sono molto attiva su Instagram, proprio perché una cosa che mi piace molto e condividere tanto, soprattutto quando si tratta di ricerche di sostenibilità.

    Proprio perché a un certo punto del mio lavoro, se già condividevo un po’ di quello che succedeva nel mio studio, mi sono proprio detta che la società aveva bisogno anche di questo, di condivisione di cose belle. Soprattutto anche smentire un po’ di preconcetti legati alla moda sostenibile e far vedere che le opzioni belle e di design adesso ci sono e si trovano. 

    Manuela: Silvia, io ti ringrazio davvero tanto per queste chiacchiere bellissime, e che ho trovato di grande ispirazione, e personalmente resterei a parlare un’altra ora.

    Silvia: Si, anche io! È stato molto bello grazie mille a te. 

    Take Away:

    Da questo episodio mi porto a casa una conferma: osservarsi e ascoltare il proprio ritmo è la cosa che conta davvero. 

    È così importante e prolifico che non fa solo vivere meglio noi stessi, ma anche il mondo che ci circonda. Ascoltarci e prenderci cura di quello che abbiamo ascoltato è il modo più diretto per non produrre inutilità, dove per inutilità intendo tutto: oggetti inutili, pensieri tossici, scelte controproducenti e che continuano a distruggere la terra in cui viviamo.

    È possibile amare il proprio lavoro e, ad un certo punto, rendersi conto che l'industria in cui lavoriamo ha falle etiche pazzesche e scegliere di cambiare e di farlo in modo diverso e diventare parte di un cambiamento lento, che però da qualche parte deve iniziare. 

    Dal lavoro su Instagram di Silvia ho imparato che ci sono alternative davvero sostenibili nella moda e queste alternative sono anche bellissime. 

    Vi consiglio vivamente di visitare il suo account. 

    Io vi do appuntamento al prossimo episodio e intanto vi auguro di seguire il vostro ritmo 

    e di ascoltarvi, anche quando gli altri penseranno che siete i matti del villaggio.

    Ciao e a presto!

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